L'area sacra nuragica di Sa Sedda 'e sos Carros
La valle di Lanaitho vista dalla strada per Sa Sedda 'e sos Carros
La grande muraglia di contenimento e la parte finale del canale di scolo delle acqua piovane
Visone d'insieme di una parte dell'area sacra
La panchina di destra. Si notano le lastre grezze in parte sorrette da conci di basalto lavorato
Interno della Fonte Sacra (o Fontana Rituale) vista dall'alto
Primo piano del grande bacile che ha un diametro di circa 170 centimetri
Una delle protomi di ariete o muflone con il foro passante per l'acqua
La scala che dal cortile centrale porta alla vasca a gradoni
Il lato sinistro della vasca a gradoni: in primo piano un blocco di basalto a "T"
Blocchi di basalto provenienti da un edificio sconosciuto (o destinati alla sua costruzione)
I poderosi stipiti di una capanna utilizzata per funzioni religiose
Blocco di basalto dove erano fissate spade votive con piombo fuso
Ancora uno scorcio dell'area sacra
Una singolare costruzione isolata in un'area centrale del cortile dell'area sacra
Pur non essendo molto ricca, anche la grotta Sa Ohe (o Sa Oche) presenta scorci suggestivi
La grotta Corbeddu è piuttosto ricca di concrezioni calcaree, ad esempio singolari stalatiti...
A valle dell'abitato di Oliena (NU), lungo la strada che conduce verso Dorgali (NU), svoltiamo a destra seguendo il cartello che indica "Su Cologone". Ci troviamo così in pochi minuti nell'area di sosta di questa nota sorgente carsica. Pochi metri prima un bivio, ancora a destra, segnala l'inizio della strada che conduce alla splendida valle di Lanaitho intorno alla quale gravitano vari siti e località d’interesse che meritano di essere visitati. Questo è il punto ideale da cui far iniziare la nostra escursione.
La strada deve scavalcare una collinetta per cui è inizialmente in salita, ma in fondo è in buone condizioni e procediamo senza problemi. Superata la collina, non senza aver osservato i resti di una vecchia fornace per la produzione della calce, inizia la discesa che ci porta ad attraversare longitudinalmente la valle di Lanaitho.
Quando siamo a circa quattro chilometri e mezzo dalla partenza e ci troviamo ancora all'inizio della valle, incontriamo alla nostra destra un primo bivio che porta al villaggio nuragico Sa Sedda 'e sos Carros. Sappiamo che un altro bivio si trova poco più di due chilometri più avanti, verso al centro della valle. Preferiamo passare da quest'ultimo e, dopo circa mezzo chilometro, troviamo un vasto piazzale con alcune costruzioni che costituiscono la sede operativa della società che gestisce l'area archeologica.
Il nome della località, Sa Sedda 'e sos Carros (La Sella dei Carri), designa un'area si sosta per i carri che trasportavano legname e carbone nei secoli XIX e XX quando questa produzione interessò vaste aree della Sardegna.
Il villaggio nuragico è piuttosto vasto e ricopre una superfice di circa quattro ettari. Però solo una piccola parte è stata messa in luce dagli archeologi sul finire del secolo scorso. Comprende essenzialmente un'Area Sacra e alcune capanne vicine.
L'Area Sacra si presenta piuttosto omogenea dal punto di vista costruttivo. E' composta da una serie di ambienti di varia forma (da quadrangolare a rotonda) gravitanti su un cortile interno al quale, sembra di capire, si poteva accedere solo attraverso un passaggio situato sul lato nord-est. L'area è stata realizzata su un costone con un'accentuata pendenza per cui alcune costruzioni vengono a trovarsi su un livello superiore rispetto al cortile. Il lato inferiore è stato invece rinforzato da una muraglia realizzata con massi di calcare e funge contemporaneamente da muro di contenimento e di cinta. Il materiale da costruzione principalmente usato è la roccia calcare reperibile sul posto.
Il periodo di utilizzo dell'area può essere orientativamente posto tra il 1200 e il 700 a.C., ricade quindi nei periodi Medio nuragico e Tardo nuragico. Nel frattempo l’area ha subito vari adattamenti delle strutture realizzate. E’ plausibile che all’interno dell’area ci fossero, oltre agli edifici di culto, anche alcune capanne destinate ad uso abitativo.
Raggiungiamo in pochi minuti (accompagnati dalle gentili guide della società che l’ha in gestione) il sito che dista alcune centinaia di metri dall'area di sosta. Arriviamo in corrispondenza della grande muraglia, la costeggiamo andando in senso antiorario ed entriamo nel cortile dell'Area Sacra attraverso un corridoio di passaggio situato sul lato orientale. Su entrambi i lati del corridoio sono presenti due grandi panchine che erano destinate ad accogliere i fedeli e ad appoggiarvi le offerte. Quel che ci colpisce, e sembra quasi un presagio di decadenza, sono le grandi lastre grezze delle panchine sorrette, in parte, da conci di basalto ben lavorato proveniente da un edificio sconosciuto di pregevole fattura (o destinati alla sua costruzione) del quale si possono notare i resti in varie parti dell'area. Il basalto, generalmente in conci lavorati, è utilizzato in varie strutture ed è lecito supporre che provenga dalla zona vulcanica che abbiamo notato, alla nostra sinistra, in prossimità dell'ingresso della valle di Lanaitho.
Entrando nel cortile e guardandoci attorno, osserviamo come l'insieme sia piuttosto complesso e non privo di un certo fascino. Anche in considerazione del fatto che le opere murarie conservano ancora un'altezza adeguata tale da creare una rappresentazione mentale che ci riporta alla situazione che doveva esserci tremila anni prima.
L'edificio che attira maggiormente la nostra attenzione (e penso di tutti i visitatori in genere) è una sorta di piccolo tempio (attualmente protetto da una tettoia circolare) indicato generalmente come Fonte Sacra. Non si tratta di una fonte nel senso letterale del termine come ad esempio Su Tempiesu di Orune (NU) o Su Lumarzu di Bonorva (SS). Potrebbe invece essere definita una Fontana Rituale che, probabilmente, utilizzava l'acqua proveniente direttamente o indirettamente dalla grande vasca a gradoni che sarà descritta in seguito.
Il piccolo tempio è di forma circolare e ha un diametro di circa 2,5 metri. E' realizzato principalmente con conci di basalto lavorati con cura e adattati alla forma circolare. Nella struttura della parete è compresa una panchina, anch'essa circolare. Seguono due file di conci disposti regolarmente e una terza fila nella quale, tramite la forma e diposizione dei conci, vengono a formarsi delle piccole nicchie aventi la forma di trapezi o triangoli isosceli, a seconda della disposizione dei conci. Erano chiaramente destinate a porvi oggetti rituali o votivi. Il filare successivo è formato da blocchi di tufo calcareo che recano scolpite in altorilievo sette delle originarie nove protomi di ariete o di muflone. Le protomi hanno un foro passante collegato a un canale celato nella muratura. Nel canale circolava l'acqua proveniente direttamente da una piccola cisterna creata in una struttura attigua, ma è presumibile che fosse utilizzata quella raccolta nella grande cisterna gradonata. Dalla bocca delle protomi, con l'ausilio di una canna che ne indirizzasse il getto, l'acqua zampillava in un grande bacile di arenaria che occupa tuttora gran parte dello spazio interno del tempio. E’ pensabile che le canne fossero piuttosto lunghe in maniera da superare quantomeno la panchina che, in caso contrario, sarebbe stata sistematicamente e abbondantemente bagnata, soprattutto nelle fasi di avvio e interruzione del flusso dell’acqua. L'acqua poi, tramite un foro praticato sul fondo, defluiva in un grande canale destinato alla raccolta delle acque piovane dell'Area Sacra. Sia nelle corna protomi sia sul bordo della conca erano stati praticati dei piccoli fori per fissarvi come ornamento, tramite un perno, delle colombelle di bronzo.
Sopra i conci con le protomi, la struttura muraria prosegue con due fila di blocchi di basalto di ridotto spessore. La fila inferiore ripete il motivo delle nicchie triangolari. Quella superiore si presenta di diametro minore rispetto al resto della muratura e, di conseguenza, sporgente verso l'interno. Questa disposizione è idonea ad accogliere l'ultima fila di conci. Essa è formata da piccoli blocchi intercalati da altri che sono disposti verticalmente e hanno un lato obliquo per renderli aggettanti verso l'interno. L'insieme sembra creare un fregio architettonico a dentelli ma, più pragmaticamente, potrebbe essere funzionale ad accogliere una possibile copertura lignea, ipotizzabile in mancanza di indizi dell’esistenza di una lapidea. Rimane da aggiungere che sul lato sinistro del tempio è tuttora in posizione, benché infranta, una piccola vasca in trachite suddivisa in due parti da un setto. Era collegata al capo terminale della canaletta celata nel muro che adduceva l'acqua alla Fontana, un tratto della quale è attualmente ben visibile sul lato destro.
L'altra struttura che attira la nostra attenzione è costituita dai resti di una grande vasca a gradoni di basalto. E' situata nella parte alta dell'Area Sacra ed è raggiungibile tramite una scala che si presenta tuttora in buone condizioni. Ha una forma circolare leggermente irregolare e un diametro medio di circa sei metri. Attualmente sono visibili tre ordini incompleti di blocchi, sfalsati in modo da creare gradoni. Hanno una caratteristica forma che si potrebbe definire a "T", con un solo lato completamente lavorato e levigato.
Simili blocchi sono stati invenuti in molte aree nuragiche. Con essi si potevano realizzare anche muri verticali con entrambe le pareti levigate e a vista, incastrando tra loro i blocchi e riempendo con argilla gli spazi vuoti in maniera da consolidare la muratura. A Sa Sedda 'e sos Carros, come anche a Su Tempiesu, alcuni blocchi conservano ancora le bozze mammelliformi che erano create in fase di lavorazione. Generalmente si ritiene che esse fossero funzionali al trasporto e alla posa in opera dei conci. Me se si pensa alla difficoltà e all’allungamento dei tempi di lavoro che derivava dal preservare queste bugne durante le fasi di sfaccettatura e di levigazione dei blocchi, sorge il dubbio che esse potessero avere anche altre funzioni, pratiche, o anche solo rituali.
Il fondo dell'area interna è stato trovato dagli archeologi ricoperto, seppur parzialmente, da uno strato impermeabile di argilla, segno inequivocabile che la struttura era destinata a raccogliere e a conservare l'acqua. A questo proposito, considerato che non sono state trovate tracce di afflussi sorgivi, è da ritenere che l'acqua potesse essere di origine piovana, magari integrata da altra portata manualmente dai dintorni. La grande scala di accesso e la conformazione a gradoni del perimetro della vasca situata all'aperto, induce a pensare che essa fosse destinata a cerimonie e riti religiosi pubblici, probabilmente di tipo purificatorio. Si può anche osservare che la conformazione a gradoni possa essere una scelta costruttiva che sfrutta il potere impermeabilizzante della terra accumulata e compressa sotto i conci. Inoltre un muro verticale avrebbe richiesto un numero più elevato di blocchi e si sarebbero creati maggiori problemi per l’impermeabilizzazione della struttura muraria.
Sembra di capire che la grande vasca doveva avere la doppia funzione di luogo per cerimonie rituali pubbliche e di serbatoio per la raccolta e la conservazione dell'acqua destinata ad altre cerimonie o riti, come quelli che si svolgevano nella Fontana Rituale.
La diversa tipologia costruttiva della Vasca a gradoni e della Fontana Rituale fa suppore che i due ambienti fossero destinati a usi molto diversi tra loro. Nelle vasca a gradoni si potevano svolgere cerimonie pubbliche, aperte a un numero anche elevato di persone. Al contrario, la Fontana Rituale sembra destinata a riti molto più intimi, con pochi partecipanti e al riparo da occhi indiscreti.
Facciamo fatica a immaginare baldi guerrieri costretti nell'esiguo spazio della Fontana Rituale tra gli schizzi provenienti dal bacile e gli zampilli che gli circondavano da entrambi i lati. E’ più facile immaginare che i riti fossero finalizzati a una partecipazione esclusivamente femminile.
Notiamo innanzitutto che la forma circolare induce a pensare a una parità (o quasi parità) fra i partecipanti. Per cui ci sembra più coerente ipotizzare cerimonie riservate a piccoli gruppi di adolescenti o di giovani donne che, sotto la guida di un'anziana o di una sacerdotessa, compivano riti di iniziazione o propiziatori della fertilità. Giova a questa interpretazione l'intimità del luogo, la presenza dominante dell'acqua, le protomi di ariete o di muflone, animali a cui si poteva facilmente attribuire un'immagine di forza (anche sessuale), la presenza di colombe di bronzo che ornavano il bordo del bacile e forse anche le corna delle protomi. Da questo punto di vista, anche la forma del foro di scarico del bacile potrebbe non essere casuale.
Purtroppo l'utilizzo della Fontana Rituale decadde e la struttura fu trasformata in un deposito di oggetti di bronzo destinati a una successiva fusione. Questo ha precluso la possibilità di potervi trovare degli oggetti di culto che avrebbero potuto aprire qualche spiraglio di luce sui riti che vi si svolgevano.
Quanto esposto è solo una supposizione dettata dai pochi elementi concreti che possono essere individuati. Ovviamente sono possibili interpretazioni differenti e conclusioni differenti.
Per non annoiare ulteriormente il paziente lettore, termino qui questa parziale descrizione dell'Area Sacra di Sa Sedda 'e sos Carros, anche perché le altre costruzioni non presentano, almeno apparentemente, analoghi motivi di interesse.
Una più completa descrizione del sito archeologico si può trovare nel volumetto di Maria Ausilia Fadda e Gianfranca Salis, Sa Sedda ‘e sos Carros e la Valle di Lanaitho (Oliena), Carlo Delfino editore, Sassari 2010, al quale io stesso ho fatto più volte riferimento.
La visita a Sa Sedda 'e sos Carros è stata anche l'occasione per visitare due grotte gestite dalla medesima società e ubicate a breve distanza dall'area di sosta.
La più vicina è detta Sa Ohe (o Sa Oche), che significa "La Voce", ma anche un più appropriato "L'Urlo" o "Il Grido". Questo nome deriva dal rumore che si produce quando, nei periodi di piena, l'acqua esce impetuosamente dalla grotta spingendo fuori con forza l'aria presente all'interno.
L'altra è detta grotta Corbeddu dal nome del bandito-gentiluomo Giovanni Corbeddu (seconda metà del 1800) che la utilizzò come rifugio. Tuttora nella parte finale della grotta è presente un'incisione del suo nome ritenuta autografa.
Questa grotta ha maggiori motivi di interesse rispetto all'altra. Innanzitutto presenta una grande varietà di formazioni calcaree, alcune anche spettacolari, nelle quattro sale che possono essere visitate. Inoltre, essendo una grotta asciutta, si prestò, fin dall'antichità, a essere abitata dall'uomo. Grazie a questa frequentazione si son potute trovare ossa umane risalenti fino a 22.000 anni a.C., ossa di animali preistorici residui dei pasti e strumenti litici risalenti al paleolitico. Tra le ossa di animali spicca il rinvenimento di uno scheletro completo del Prolagus sardous, un roditore simile a un grosso e tozzo coniglio selvatico, attualmente considerato estinto.
Concluse tutte le visite, possiamo allontanarci soddisfatti da quest’angolo della valle di Lanaitho perché il connubio tra natura e cultura non era stato mai così completo e neanche così facile da raggiungere.
(18 novembre 2012)
(Ultima revisione: 23/01/2021)
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Indice Archeo
La valle di Lanaitho vista dai dintorni del villaggio di Tiscali
Una delle capanne esterne all'area sacra, posta sotto la grande muraglia di contenimento
Il corridoio di ingresso con le panchine laterali
La panchina di sinistra. Si notano le lastre grezze in parte sorrette da conci di basalto lavorato
Il grande bacile e la panchina circolare in basalto
Le nicchie triangolari, le protomi, la parte finale a dentelli
La vasca in trachite che è alimentata dallo stesso canale delle protomi
Visione d'insieme della vasca a gradoni di basalto
Il lato destro della vasca a gradoni, al centro due blocchi con tre bozze mammelliformi
Altri blocchi di basalto forse dell'edificio sconciuto, riutilizzati in una delle capanne
Interno della capanna utilizzata per funzioni religiose
Uno scorcio dell'area sacra
Ancora uno scorcio dell'area sacra
Malgrado le affinità con il grande bacile, questa conca era probabilmente di uso privato
In fondo alla grotta Sa Ohe (o Sa Oche) rimane un laghetto di acqua cristallina (illuminato artificialmente)
... o poderose stalagmiti